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Fu
Sem Benelli a
qualificare
molti anni fa «
Golfo dei Poeti
» il golfo della
Spezia: per la
bellezza
pittorica delle
sue insenature,
il manto
sempreverde
delle alture «
popolate di case
ed uliveti »,
l’orrido
dantesco delle
rocce foranee;
ma anche perché
le sue bellezze
furono esaltate
dai maggiori
poeti antichi e
moderni, pagani
e della
cristianità.
Oggi, in cui la foga incontrollata del
cemento armato
sta avviando il
golfo verso un
nuovo aspetto di
conformismo (e
di banalità) in
tutto degni dei
paesi senza
bellezze
naturali e senza
storia, ci si
domanda
perplessi se la
poetica
denominazione
benelliana potrà
resistere ancora
al tempo, dato
che le
lacerazioni e le
deturpazioni al
paesaggio
originale hanno
tutto il
carattere
dell’ineluttabilità.
In questa breve nota vorremmo richiamare
l’attenzione
alla maggiore
attrattiva —
Porto Venere —
del lato
occidentale del
golfo.
Non tratteremo, poiché lo spazio non lo
consente, delle
sue
impareggiabili
antichità,
abbandonate al
loro destino
(diremmo quasi
tollerate) dopo
lo sforzo di
ricostruzione
operato anni or
sono per
l’interessamento
di benemerite
personalità (
Giovanni
Capellini,
Manfroni, Ubaldo
Formentini,
Mori, il
compianto don
Castellini e
altri).
Parleremo del
mare di Porto
Venere, il quale
(cosa
paradossale per
un paese
marittimo!) sta
per subire la
stessa sorte,
succube degli
sviluppi di
terraferma.
Ritenuti assai
più contingenti.
La baia di Porto Venere per la sua
posizione
foranea
all’entrata del
golfo, fin dalla
remota antichità
ha sempre svolto
funzione di
tappa, nonché di
rifugio negli
itinerari
marittimi lungo
la penisola da o
per le grandi
isole del
Tirreno. Così
“Portus
Veneris”, nella
« istruzione
geografica » di
Claudio Tolomeo
del 150 dopo
Cristo, è
considerato
approdo di sosta
e rifornimento
nei viaggi delle triremi romane
fra Roma, Genova
e la Spagna.
Trattandosi di
navi a remi e di
coste impervie e
battute dalle
tempeste, le
tappe erano
brevi (ad
esempio da Pisa
a Luni, da Luni
a Porto Venere,
da qui a Sestri
Levante, quindi
Portofino
eccetera).
Oggi ciò si ripete, quasi nelle stesse
condizioni, per
il piccolo
naviglio da
diporto che
segue
all’incirca gli
stessi itinerari
ed ha le stesse
ed altre
necessità di
rifornimenti,
nonché quella
comune di trovar
ridosso al
cattivo tempo.
Alle nuove esigenze del turismo nautico
Porto Venere si
presenta del
tutto
sprovveduta. Le
occorre
soprattutto un
porticciuolo
d’attracco per
panfili e
motoscafi, con
relativa
stazione di
servizio (non la
rimessa
invernale per la
quale sembrano
più adatte le
calanche interne
del golfo).
Ciò non può essere fatto che in località
esterna
all’approdo al
vecchio borgo, e
il seno
dell’Olivo vi si
presenta
egregiamente
anche per la sua
facile
accessibilità
con macchine. Ma
a chi
l’iniziativa?
Mentre si trascura il naviglio da diporto —
la cui funzione
turistica non è
minore di quella
delle «
quattroruote » —
non si pensa
affatto a
facilitare chi
possiede una
piccola
imbarcazione,
per servirsene a
scopo utilitario
o per diletto.
Nella stagione
estiva il numero
di tali natanti
è raddoppiato e
per
l’insufficienza
del
banchinamento,
l’assoluta
mancanza di
«scivoli» e
altri posti di
alaggio, il mare
si riempie di
«corpi morti»
con i relativi
gavìtelli (su
ognuno dei quali
il demanio
marittimo
percepisce la
tassa di
concessione,
abbastanza
alta...). Oltre
a tutto intere
zone di mare
risultano, in
conseguenza di
ciò ostruite al
traffico!
E veniamo infine al «punctum dolens»: i
bagni. Coloro
che annualmente
chiedono ristoro
estivo al mare
di Porto Venere,
non potevano
aspettarsi
quest’anno che
al disappunto di
un’estate
burrascosa e
sconcertante si
aggiungesse il
cronico
intorbidamento
delle acque (un
piccolo Mar
Giallo
l’incantevole
litorale
dell’Olivo!)
dovuto
all’abusivo
discarico di
materiali
terrosi ricavati
dalle intensive
costruzioni
edilizie sui
dorsi del Muzzerone.
Perché qui il
verde va
rapidamente
scomparendo! Chi
costruisce fa
scempio di
piantagioni e
d’ogni cosa
intorno, senza
curarsi di
ristabilire quel
minimo di zona
alberata che
contribuisce a
mantenere il
paesaggio.
Come la notte porta consiglio per
l’attività ed il
comportamento
del giorno
successivo, il
prossimo inverno
sia guida e
riflessione per
enti e autorità
preposti
all’avvenire di
Porto Venere
quale stazione
turistica del
golfo, anche e
con qualifica
alquanto più
familiare di
tante altre
considerate
normalmente
stazioni di
lusso.
Questa sua caratteristica non la esime però
— senza il
pericolo di un
rapido
decadimento del
quale (diciamolo
con tutta
franchezza) si
scorgono i segni
premonitori —
dal considerare
seriamente una
serie di
provvidenze
delle quali si
additano qui le
più urgenti: una
maggior cura
della pulizia
del borgo
storico, specie
nella parte alta,
accesso alle
maggiori
antichità; una
rigorosa
applicazione
delle
disposizioni
provinciali in
materia di
igiene e sanità;
idem per le
spiagge ora
tutte in stato
deplorevole;
massima
attenuazione del
rumore estivo
nelle ore
notturne. Oltre,
beninteso, i
provvedimenti
già accennati a
proposito del
turismo nautico.
Ci sia permesso infine di esprimere un
parere che potrà
anche non essere
condiviso: Porto
Venere, la cui
importanza
storica deriva
dai suoi 13
secoli accertati
di vita (le
famose lettere
del Papa San
Gregorio Magno
del 549 era
Cristiana), è un
prezioso
patrimonio di
tutti i liguri,
e del golfo
della Spezia in
particolare.
Come tale, non
può essere
abbandonata alle
scarse
possibilità
delle risorse e
delle iniziative
locali.
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